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“Il Paese che non c'è” è un viaggio alla scoperta di un Paese che, a oltre vent'anni dalla fine della guerra, resta ancora sospeso tra contraddizioni, diritti negati e crisi sociali, incapace di trovare un’identità unitaria.
Perchè proprio la Bosnia? In piccolo, questo paese dalla storia ricca e complessa, è spesso anticipatore di tendenze storiche, un laboratorio dove ricorrono, prima che altrove, fenomeni ed eventi politici, sociali e economici che finiscono con l'interessare quell'Europa oggi in crisi. La guerra è finita, almeno a parole, ma la crisi economica, lo stallo della produzione e l’aumento della disoccupazione, con l’incremento conseguente delle tensioni sociali e politiche, stanno facendo affiorare i nervi scoperti del Paese.
“Il paese che non c’è” è un tuffo all’interno della complessità di un Paese che spesso viene ridotto allo stereotipo di un luogo di odi etnici e tribù guerrafondaie. È il confronto tra grandi città, come Sarajevo, Mostar e Tuzla e i piccoli centri colpiti dalla crisi, e racconta il fenomeno dei Plenum, le aspettative per un futuro sempre più difficile, le tensioni sociali e i diritti negati alle minoranze, come quella rom, e alla comunità Lgbti. Il libro è frutto di un lavoro durato quattro anni, ed è arricchito dalle testimonianze di alcuni dei protagonisti della storia bosniaca degli ultimi anni, tra cui Jovan Divjak, il generale serbo che difese la città di Sarajevo, o Kemal Kurspaic e Gordana Knedzevic, rispettivamente direttore e caporedattore dell’Oslobodjenje, il quotidiano che, nonostante l'assedio, non smise mai di uscire per le strade di Sarajevo. Il libro contiene contributi di Massimo Zamboni, scrittore e musicista, e Azra Nuhefendic, giornalista e scrittrice.
Ancora oggi la Bosnia Erzegovina, ancor più dei vicini stati balcanici, finisce per produrre molta più storia di quanto ne possa digerire: proprio per questo le cronache bosniache ci regalano uno spaccato di realtà da esaminare con attenzione, senza pregiudizi o preclusioni. Una realtà molto più vicina di quanto si possa pensare.
Perchè il crowdfunding? La scelta di questo mezzo, per cui chiedo il vostro – anche piccolo – contributo – ha l'importante obiettivo di coprire parte delle spese di pubblicazione del libro, oltre che di far conoscere il frutto di un lungo lavoro di approfondimento, durato ben quattro anni.
Quello che vi chiedo è un piccolo impegno e un grande sforzo di fiducia nei miei confronti per parlare di un argomento che meriterebbe più attenzione di quella che oggi gli è attribuita.
Sono nata a Viterbo il 16 febbraio 1982, dal 2010 vivo a Reggio Emilia. MI sono laureata in Scienze della comunicazione all'Università degli studi di Perugia e faccio la giornalista: al momento lavoro come addetta stampa presso un ente istituzionale. “Il Paese che non c'è” è il mio primo libro.
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