E buio fu
Il progetto
Questo è un libro che raccoglie più storie e più generi letterari, potrebbe essere definito Generazionale.
Il libro è diviso in racconti apparentemente slegati tra loro ma uniti dal fil rouge del black out (da cui il titolo della raccolta) che rende coerente tutta la lettura.
Nel primo racconto, La città senza stelle, un gruppo di giovani milanesi, decide di compiere un atto poetico, quanto illegale: far saltare la corrente elettrica per permettere a tutta Milano di vedere le stelle. Un tema, quello dell'inquinamento luminoso, fortemente sottovalutato. Questo episodio si ripercuote, in modo più o meno determinante, nelle altre storie di E buio fu.
Si parla di precariato giovanile e riscatto violento, nel secondo racconto, di vite al margine in Céline è una donna desiderata, di desideri sopiti, surreali, metaforici come nel Racconto di Natale, di mitologie fantastiche come nelle Mitologiche. L'ultimo racconto è direttamente collegato al primo e mostra come dietro al personaggio chiave di Dora, la protagonista, che con il black out si è fatta voce e icona di una intera generazione, vi sia un seguito disilluso nelle generazioni successive della sua famiglia. I suoi figli e nipoti avrebbero fatto a meno di questo idolo che gli tarpa le ali, mostrando una incapacità comunicativa tra diverse generazioni e forse, più in generale, tra esseri umani. Non possiamo che impegnarci per cambiare ciò che non va, ma il libro vuole riportarci alla condizione di fragilità dell'essere umano nel mondo.
I personaggi si inseriscono perfettamente in un quadro di realtà, ma alcuni di loro vengono toccati da episodi surreali o quasi al limite con la finzione. Questi incidenti di percorso dirottano il protagonista verso una nuova possibilità o conoscenza, tragica o grandiosa. Ma tutto sommato, il mondo che li perturba viene accettato con estrema naturalezza e sacralità, verso una possibile, migliore condizione.
Ho sempre scritto d’arte, nel ruolo e critico e curatore. Nel corso del tempo, il mio bisogno di avvicinarmi alla scrittura creativa si è fatto sempre più forte.
In E buio fu, le tematiche a me più care, come ecologia, psicologia, antropologia, critica sociale, sessualità, sono ampiamente sviluppate. Questo è un apprezzabile soprattutto dai nati negli anni Settanta e Ottanta.
Ringrazio di cuore, in ordine alfabetico:
Benedetta Agostoni, grafica per la copertina. Per le illustrazioni, Emanuela Bartolotti, Manuela Bedeschi, Enrica Berselli, Marco Carli Rossi, David Cristobal, Annabella Cuomo, Chiara Dionigi, James Kalinda, Enrico Pantani, Arianna Tinulla, Manuela Toselli, Fernanda Veron, Angela Viola.
Mancano pochi giorni, affrettatevi. Abbiamo due ricompense specifiche per San Valentino.
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A questo link troverete:
Pacchetto Triangolo, 3 Libri (10% di sconto)
Tre copie del libro, con dedica personale, scritta a mano e firmata dall'autrice. Su richiesta dedica a tema per San Valentino
Costo 41 euro
Pacchetto Casanova, 5 libri (15% di sconto) Cinque copie del libro, con dedica personale, scritta a mano e firmata dall'autrice. Su richiesta dedica a tema per San Valentino
Costo 64 euro
Incipit Guestnovel, racconto di Natale
Quest'anno Luisa avrebbe scritto una lettera di Natale. Aveva voglia di sognare, come quando era bambina.
Asinelli volanti, mele velenose e stelle cadenti di polline. La sera del 17 Dicembre prese carta e penna.
Aveva deciso di mettere in piedi l’albero di Natale di plastica preso cinque anni prima al vivaio e rimasto in cantina dopo solo un anno di esposizione. Illuminata da quelle tragicamente malinconiche lucine vintage ereditate dalla zia Giovanna, mise su carta i suoi desideri.
Caro Babbo Natale, o Gesù Bambino, se devo fare un bilancio di bontà dell'anno che ho appena trascorso, non credo di meritarmi poi molto. Non ho fatto del mio meglio, lo so, ma per quel poco di buono vorrei ricevere una modesta ricompensa. Voglio un pene. [...]
Fernanda Veron, Basoka Flash, cm 40 x 40; collage digitale, 2016. Ph. courtesy dell'artista
La città senza stelle. Incipit del primo racconto, tratto da E buio fu.
Come spesso accade nelle metropoli.
Il cielo di notte si aggira intorno a una gamma cromatica tra il grigio con una punta di arancione e l’arancione con una punta di grigio. Merito dei lampioni di vecchia generazione. Quando ero piccola, i miei genitori mi parcheggiavano dai nonni in montagna per i mesi estivi. Essendo dei professionisti, passavano poco tempo con me per dedicarsi alle folgoranti carriere lampo tipiche degli anni Ottanta. Mi avevano regalato una tenda canadese all’interno della quale avevo ritagliato un piccolo buco per guardare le stelle. La montavo ogni anno, appena arrivata a Santa Maddalena, perché lì le stelle sono ben visibili. Ogni notte, fino a che il freddo lo permetteva, mi ritiravo nella mia tenda, a guardare il cielo dal mio esclusivo centro d’osservazione. La Via Lattea. Un’inondazione di luccicanti, bianchissime stelle, come pellegrini a un santuario in un giorno di festa, come un prato di ranuncoli a Marzo, come stormi che migrano a Sud, come qualsiasi cosa che renda l’idea di numeroso, anzi, infinito, si stagliava ogni notte sopra la mia testa, così lontano e così vicino, così vivo ed eterno, regalandomi emozioni indescrivibili. Dal blu profondo e oscuro spuntavano in contrasto le stelle pulsanti, come un cuore affannato che batte. Quanta vita in questo cielo che sembra esser lì, pronto per farsi raggiungere, per poi sfuggire e lasciarci piccoli nella solitudine degli esseri mortali. Siamo indifesi davanti a questo cielo che sembra caderci addosso, ma che in realtà ci protegge, come una coperta calda che riveste il mondo e culla i suoi abitanti. Il mio amico Stefano diceva che la Via Lattea cade in un bicchiere quando arriva l’alba ed è ributtata fuori ogni sera al crepuscolo. Ero quasi sicura che non ci credesse davvero, ma gli piacesse vedermi sorridere quando lo diceva. O forse mi credeva davvero così ingenua perché ero più piccola? In ogni caso, nella mia fantasia, questa scena si ripeteva spesso e vedevo una cascata di stelle cadenti riempire il cielo con le loro scie luminose, dirette a Ovest, per scappare dal sole e rifugiarsi in un bicchiere gigante, e poi saltare fuori per riprendere posizione, su di un cielo blu che le seguiva come una quinta teatrale. Fervida immaginazione di bambina, ancora oggi vedo il mondo in questo modo. Adoro il Fanciullino di Pascoli e il mio l’ho “coltivato” come ho potuto; di sicuro averne coscienza è stato utile, quindi non posso che ringraziare l’autore. Quando tornavo in città a fine Agosto, il magone mi raggiungeva e irritava l’esofago. Mia mamma mi chiedeva puntualmente, ogni anno, se non fossi felice di tornare a casa e rivedere i miei amici di scuola. “Sì mamma, sì”. La credibilità che attribuivo alla mia famiglia è sfumata molto presto. Nonostante ciò ho capito che è davvero utile ascoltare i consigli della generazione che ci ha preceduto, parliamo degli ex Sessantottini, per intenderci; prendo appunti nella mia testa, annuisco, ringrazio e faccio esattamente l’opposto di ciò che mi hanno detto di fare. Ovviamente la scelta migliore, sempre. Un mio amico sta scrivendo un libro, una via di mezzo tra un saggio sociologico e un romanzo generazionale che s’intitola Il monopattino e la sopravvivenza della specie, credo riassuma bene il problema della mia generazione in relazione a quella dei nostri padri. Credo che i nostri genitori abbiano perso, o non abbiano mai avuto, il senso del Romanticismo, così impegnati in questioni sociali la cui radice affonda non nei reali bisogni dell’uomo, ma nel contrastare le perversioni capitaliste, all’insegna del lavoro come fondamento della Costituzione. Risulta indispensabile un nuovo Umanesimo o non usciremo mai da questa crisi mentale. Osservando le stelle potremmo capire molte cose. Non parlo di scienza, mi riferisco a cose più semplici, o forse più complesse. Se solo ritagliassimo del tempo per osservare le stelle, la notte, prima di coricarci, la nostra vita cambierebbe moltissimo. Significherebbe prendere del tempo per la contemplazione gratuita di un bene comune e universale. Vorrebbe dire saper dare alla Natura un posto, un tempo, un valore. Ed essere propensi alle riflessioni che ne derivano, alla meditazione, al porsi dei dubbi, al mettersi in gioco. A cambiare, a darsi l’opportunità di cambiare. Guardate come una piccola cosa, apparentemente ingenua, può mettere in moto un meccanismo di miglioramento globale. Ho iniziato così a meditare l’esigenza di un blackout filosofico.[...]
David Cristobal, Night Thoughts, cm 29 x 42; matita + digital, 2016. Ph. courtesy dell'artista
Progettista
Biografia
Nila Shabnam Bonetti nasce a Milano nel 1980 da madre iraniana e padre italiano. Si laurea in Conservazione dei Beni Culturali, indirizzo Storia dell’Arte, all’Università degli Studi di Milano. Nell’ambito dell’arte contemporanea si occupa di critica e curatela ed è presidentessa dell’Associazione Laboratorio Alchemico. Ha curato e organizzato numerosi eventi dal 2008 a oggi. Sempre nell’ambito dell’arte ha collaborato come giornalista free-lance con riviste di settore come Exibart, Artribune, Kritika, Equipèco, lobodilattice, Or Not Magazine. Attualmente ha assecondato il suo bisogno di vivere immersa nella natura e si è trasferita sull’Appennino Emiliano, dedicandosi a Valico Terminus, un progetto di residenza artistica e imprenditoria legata al territorio, e al suo primo libro, E buio fu.
