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Quest’opera nasce dall’idea di una sintesi tra cinema di prosa e di poesia, e si propone di coniugare questi due modelli in un paradigma ibrido, che rispetti e tradisca entrambi i canoni. Il punto di partenza è l’universo narrativo di Raymond Carver, non solo per un gusto ed una suggestione comune, ma soprattutto per lo stretto legame che intreccia questo progetto alla poetica dell’autore. Attraverso i suoi racconti, Carver propone una prosa libera dal vincolo dei tre atti, una scrittura evocativa più che narrativa, un affresco piuttosto che una storia. L’obbiettivo di Mìmesis è quello di riprodurre questo modello, provando ad integrarlo nella cornice più ampia di un racconto classico, fatto di legami, rimandi, connessioni. Non si tratta dunque di una trasposizione dalla carta allo schermo, né di una riscrittura o di un omaggio, l’obbiettivo è quello di creare qualcosa di originale attraverso il tradimento di un’idea originaria.
Questa è la storia di Mattia, che prova a ricordare una mattina di cinque mesi prima, ed in questo percorso a ritroso tra l’accumulo e l’essenziale, ci mostra un modello inedito di memoria. Siamo lontani da un immaginario filmico di visioni ed onirismi, quello che l’opera propone, è la ricostruzione di un ricordo come un’operazione tangibile che prende forma in un luogo fisico. Il tempo è assente ma lo spazio è concreto, Mattia plasma, modifica e corregge la sua memoria come stesse sistemando la scenografia di un set. Deve rimettere ogni cosa al suo posto, ma è tutto così diverso: non aveva la barba cinque mesi prima, la colazione era apparecchiata per due, e Susanna viveva ancora lì... che libro stava leggendo?
Questo racconto non parla, si mostra, ma lo fa piano, lasciando all’occhio di chi guarda il compito di scorgerlo, attraverso le fessure di un découpage straniante, capace di mostrare il sentimento nascosto nel quotidiano. La narrazione è accennata, la lirica è sostanza, l’immagine sostituisce la parola, in una storia che prova a coniugare prosa e poesia, mettendo in scena una materia ordinaria in una forma extra-ordinaria.
I fondi raccolti saranno utilizzati per attrezzature, costumi e scenografia, nonché per coprire alcuni ruoli tecnici con figure professionali dotate di formazione completa (fonico, segretario di edizione, colorist ecc.). Il progetto verrà realizzato entro un mese a partire dalla fine del crowdfunding, sotto la supervisione di Giulia Siciliano (regia e fotografia), Michele Stefanile (sceneggiatura) e Martina Latorre (scenografia e costumi). La cifra richiesta servirà per coprire le spese indispensabili alla buona riuscita del progetto.
Alle spalle di questo progetto ci sono Giulia Siciliano, Michele Stefanile e Martina Latorre, tre giovani studenti iscritti alla scuola di Cinema e televisione Roma Film Academy. Con il loro personale bagaglio formativo ed esperienziale, i tre riescono e a coprire un’ampia porzione delle competenze necessarie nel campo della produzione audio-video, mettendo le proprie conoscenze specifiche al servizio di un obbiettivo comune. Giulia è una regista di ventidue anni, laureata in Arti e scienze dello spettacolo presso l’Università degli studi di Roma La Sapienza. Nell’ultimo anno ha preso parte a due stage in Regia e Sceneggiatura organizzati dalla FEDIC (Federazione italiana dei Cineclub), ed ha lavorato presso il MISFF (Montecatini International Short Film Festival). Grande amante di fotografia e cinema, per la regia di Mìmesis, Giulia vuole «[...] utilizzare l’estetica visiva per creare un’emozione che le parole non saprebbero raccontare». La scrittura del corto è affidata a Michele, sceneggiatore di ventitré anni, laureato in Lettere moderne presso l’Università degli studi di Napoli Federico II. Dal 2016 ha frequentato corsi di sceneggiatura e regia presso la Scuola di cinema e televisione Pigrecoemme di Napoli ed ha preso parte ad alcuni cortometraggi indipendenti realizzati nell’ambito del Kino Movement. Per Michele, raccontare questa storia significa «Aprire un piccolo spiraglio tra le maglie di una rete a dimensioni infinite: il mondo». Martina è una costumista e scenografa di ventiquattro anni, laureata alla Nuova Accademia delle Belle Arti (NABA) di Milano. Dopo il trasferimento a Madrid, ha lavorato come costumista nel cortometraggio indipendente “Rei”, e ha curato la direzione artistica del videoclip “My mother is a yonkie” della band catalana Holy Bouncer. Da sempre appassionata di disegno grafico e costume, in questo lavoro, Martina vuole «[...] mostrare l’assenza, dare corpo ad una mancanza attraverso il quotidiano: gesti, oggetti, forme e colori». Oltre al grande amore per la settima arte, Martina, Michele e Giulia condividono un’idea di cinema inteso come collaborazione sinergica tra elementi complementari, ognuno essenziale per il raggiungimento di un unico punto d’arrivo. Niente egocentrismi, niente ‘Io’, ma una pluralità di elementi messi al servizio di una visione condivisa, dove il maggiore punto di forza sta proprio nel costante confronto tra le parti.
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